Apple questa volta ha fatto davvero centro: il nuovo MacBook Pro da 16 pollici è un portatile riuscito sotto tutti gli aspetti ed elimina buona parte dei difetti della precedente generazione.
Il nuovo concetto di innovazione per Apple
Per tanti anni Apple ha seguito una filosofia che definire “impositiva” è riduttivo: “la gente non sa quello che vuole finchè non glielo mostri” era uno dei mantra di Steve Jobs e come approccio rappresentava un cavallo vincente solo se il fantino alla guida aveva le doti visionarie del compianto CEO, in grado di azzeccare scelte estreme in nome dell’innovazione. Senza un condottiero in grado di fare scelte apparentemente impopolari, comunque rivelatesi giuste col senno di poi, Apple negli ultimi è apparsa invece molto arroccata in se stessa.
Con l’ultima generazione di prodotti 2019 sembra invece essere tornata sui suoi passi: l’iPad finalmente è dotato di alcune caratteristiche chieste a gran voce, come un multiwindow funzionale e un pseudo-filesystem con accesso diretto alle SD. L’iPhone dispone di lunga autonomia e fotocamere al top. Il recentemente rilasciato MacPro è decisamente più modulare del precedente “cestino”.
Tutte modifiche chieste, anzi, implorate dai propri utenti cui da Cupertino hanno finalmente prestato attenzione. Questo però non significa che Apple si stia allineando alla concorrenza, perdendo la propria identità. Tutt’altro: la sua essenza è ben chiara a coloro che sono abituati ad utilizzare i prodotti con la mela morsicata, anche e sopratutto in ambito lavorativo. Questo archetipo si chiama “coerenza”: passare da un Apple Watch a un iMac da 27″ garantisce all’utente il rispetto di una user experience coerente per metafore grafiche nella UI, prestazioni e interscambio di dati all’interno dell’ecosistema.
L’ultima generazione di prodotti non fa altro che enfatizzare questi concetti, rimuovendo i difetti presenti nelle versioni precedenti. E il MacBook Pro da 16 pollici è esempio lampante di questo nuovo corso.
Configurazione in prova
Il modello in analisi è dotato di configurazione “base”, da 2.800 euro di valore.
Una configurazione di tutto rispetto che, mantenendo inalterato il prezzo “entry-level” della precedente generazione da 15 pollici, permette all’utente di avere in più il display da 16″, un SSD da 512gb e una scheda grafica dalle prestazioni decisamente migliorate. Ma anche una tastiera decisamente più affidabile.
In fase di configurazione è possibile arrivare a ben 8TB nel comparto SSD, e per la prima volta anche 64GB di RAM.
Sempre parlando di confronti con la precedente generazione (andatevi a leggere il nostro unboxing con relativo confronto fotografico), le dimensioni e il peso, pur essendo leggermente aumentati, non ci hanno fatto percepire l’incremento: dove prima entrava il 15″, ci entra senza problemi anche il 16″ senza che ve ne accorgiate.
Al di la di quelle che sono le differenze estetiche rispetto alla precedente generazione, ciò che davvero contraddistingue il nuovo 16 pollici può essere riassunto in 5 grandi temi.
Tastiera
Apple ha da sempre prestato grande attenzione nei confronti dei sistema di interazione fra uomo e macchina. Ha introdotto alcune grandi rivoluzioni, veri e propri game-changer nel relativo settore: il mouse, la click-wheel dell’ipod, il multitouch di iPhone.
Nel tentativo di ridurre all’estremo lo spessore dei propri laptop, introdusse nel 2015 un nuovo meccanismo alla base della tastiera che tramite un sistema a farfalla garantiva un’escursione dei tasti ridotta. L’esperienza d’uso derivante poteva piacere o meno, ma questo nuovo approccio ha procurato diversi grattacapi ad Apple, a causa della sua scarsa affidabilità: è sufficiente che qualche piccolo frammento si insinuasse sotto ad un tasto, per provocarne un malfunzionamento più o meno grave, tanto da indurre la casa produttrice ad inaugurare un programma gratuito di sostituzione della tastiera.
Nella nuova linea di MacBook Pro però questo è un ricordo del passato: conscia delle lamentele dei propri utenti – e delle non indifferenti voci di costo a bilancio che la riparazione comporta- ha letteralmente fatto “⌘ Z” e ripristinato il precedente sistema a forbice sul singolo tasto.
Questo comporta un’escursione dei tasti maggiore e una minore resistenza alla pressione laterale:
La digitazione è significativamente diversa: personalmente la troviamo molto più piacevole e confortevole. L’esperienza è paragonabile alla Magic Keyboard da scrivania, ed infatti è la medesima definizione adottata anche sul MacBook Pro.
Anche la rumorosità è calata notevolmente:
- Macchina da scrivere: 60.2 dB
- MacBook Air (tastiera butterfly): 41.9 dB
- Microsoft Surface Laptop 3: 33.8 dB
- Dell XPS 13: 32.3 dB
- MacBook Pro 2015: 31.2 dB
- MacBook Pro 16 pollici: 30.3 dB
- Pixelbook Go: 30.1 dB
(fonte: WSJ)
Oltre al sistema a forbice, la nuova tastiera ha beneficiato di tre ulteriori migliorie:
I tasti cursore sono disposti a T inversa: questo permette di riconoscerli anche “al tatto”, senza dover abbassare lo sguardo
Il tasto ESC è tornato ad essere fisico: anche per i non coder, la presenza del tasto ESC nella TouchBar induceva spesso in errate pressioni
Medesimo trattamento ha ricevuto anche il Touch ID, che ora troneggia sulla destra della Touch Bar. Segnaliamo anche la sua rinnovata velocità: lo sblocco del Mac o l’autenticazione password sono ora davvero istantanei.
Tastiera quindi promossa decisamente a pieni voti: digitare testi molto lunghi è diventato un piacere e, grazie alla nuova collocazione di Touch ID e tasto ESC, abbiamo trovato una rinnovata utilità anche nelle funzioni della Touch Bar. L’impressione è che questo “alleggerimento” di funzioni permetta al cervello di percepire il pannello touch effettivamente come mera “integrazione” della tastiera e non come parte di essa.
Batteria
Apple ha fatto una mossa simile a quanto visto nell’iPhone 11 Pro: aumentare leggermente lo spessore per infilarci dentro più batteria. Il criterio è stato dettato dai limiti di legge vigenti in USA per quanto riguarda il trasporto di batterie nella cabina passeggeri degli aerei, ovvero 100w. È questo infatti il nuovo valore sul quale il MacBook Pro può contare.
Nell’utilizzo di queste tre settimane (Lightroom, Final Cut Pro, Pages, Keynote, Chrome le app più usate) si è evidenziato un duplice comportamento: lavorando con suite da ufficio o navigando si raggiungono tranquillamente le autonomie dichiarate da Apple (anche 11 ore). Ma non pensate nemmeno lontanamente che i 100w vi permettano di fare 6/8 ore filate di rendering: nei casi di forte stress, l’autonomia arriva a malapena a 1.5/2 ore. Fortunatamente i tempi di ricarica sono più che accettabili, grazie al nuovo alimentatore, anch’esso da 100w a parità di dimensioni rispetto al precedente.
Prestazioni
Tutti i componenti presenti in questo Mac garantiscono prestazioni di vertice.
L’SSD da 512GB supera i 2.5gb/secondo di transfer rate, praticamente i medesimi valori presenti nel nuovo Mac Pro.
Anche la scheda grafica dedicata è finalmente in grado di fare il proprio compito in modo fluido e performante rispetto alla precedente generazione. Nei test Geekbench in OpenCL e Metal, il MacBook Pro da 16 pollici ha registrato punteggi significativamente superiori alla Vega montata nel “vecchio” 15 pollici:
- MacBook Pro 16 Metal: 25.295
- MacBook Pro 15 Metal: 24.110
- MacBook Pro 16 OpenCL: 27.494
- MacBook Pro 15 OpenCL: 23.981
La Cpu è una Intel Core i7-9750H cloccata a 2.6 GHz e dotata di 6 core. Le prestazioni registrate sono solo leggermente superiori alla generazione 2018, che contava su un i7-8850H da 2.6 GHz, sempre a 6 core.
Ottime anche le prestazioni del sistema di raffreddamento, che ha beneficiato di un deciso salto in avanti. Apple parla di circa il +30% sia per l’efficienza delle heatpipes sia delle ventole. Inoltre l’afflusso di aria dal posteriore del laptop è anch’esso stato incrementato in modo evidente.
Il tutto si traduce in maggiori prestazioni e minore rumorosità. Abbiamo percepito le ventole solo nei picchi di stress, durante le esportazioni con Final Cut o l’indicizzazione iniziale di Spotlight.
È decisamente sparito anche il problema del throttling che caratterizzava sopratutto il precedente processore i9: poteva girare al massimo delle sue prestazioni solo per pochi minuti prima di vedersi abbassare il clock a causa delle temperature eccessive. Ora invece il Turbo Boost di Intel (nel nostro modello può arrivare fino a 4,5GHz) può lavorare a pieno regime.
A conseguenza di tutto ciò, il case scalda relativamente poco e comunque mai tanto da risultare fastidioso sulle gambe.
Schermo
Lo splendido display del MacBook Pro ha le medesime caratteristiche del precedente, guadagnando poco meno di un pollice di diagonale grazie alla riduzione di quelle che erano ormai delle anacronistiche -sopratutto se confrontate con la concorrenza- cornici laterali.
La risoluzione sfiora il 4k (3072 x 1920 pixel) ed è dotata del medesimo TrueTone visto sugli iPhone per la taratura del bianco in base all’ambiente circostante.
Impressionante la fedeltà cromatica: con il colorimetro si arriva a coprire il 114% dello spettro sRGB: praticamente si tratta di uno schermo già calibrato di fabbrica.
Peccato invece per la luminosità: si attesta attorno ai 430 nits, inferiore sia a quanto dichiarato da Apple (500 nits) sia rispetto al 15″ in nostro possesso. Nulla che ne comprometta l’utilizzo, ma dispiace vedere una discrepanza così marcata rispetto a quanto dichiarato. A meno che Apple non migliori questo aspetto, come ha già fatto ad aprile quando tramite un update del sistema operativo ha consentito al MacBook Air di guadagnare ben 100 nits.
Elemento molto apprezzato dai video makers è sicuramente la possibilità di scegliere il refresh rate del monitor, così da adattarsi al flusso video sul quale si sta lavorando. Apple non ha spinto il refresh anche a 120Hz, come sull’iPad Pro con ProMotion Display e questa è una limitazione senza la quale avremmo avuto una fluidità d’uso davvero gratificante.
Ad ogni modo anche in questo comparto, il MacBook pro è promosso a pieni voti.
Audio
Se dovessimo fare un confronto fra i vari commenti di amici e colleghi che stanno usando il nuovo MacBook Pro da 16 pollici, il primo in classifica sarebbe decisamente un “ma hai sentito che casse?“.
In effetti l’audio che fuoriesce dal portatile è davvero s-u-p-e-r-l-a-t-i-v-o! Non esiste nulla di simile nel settore laptop che possa anche solo lontanamente avvicinarsi alla qualità generata dalle casse di questo MacBook Pro.
Apple ha progettato l’intero sistema sonoro basandosi su sei altoparlanti, con tanto di subwoofer contrapposti in modo da annullare le vibrazioni che si genererebbero sullo chassis percorso da bassi di questa potenza.
Per quanto riguarda l’audio in ingresso la casa di Cupertino ha strizzato l’occhio ai podcaster e produttori di contenuti fornendo loro un setup composto da tre microfoni. Nonostante siano definiti “studio quality“, non raggiungono il livello di un buon microfono a condensatore da 70/100 euro, ma il loro lavoro lo svolgono più che egregiamente.
Difetti
L’essere umano è fallace e, come questa legge di natura, anche il nuovo MacBook Pro presenta alcuni piccoli difetti.
La webcam è davvero anacronistica: i suoi 720p bastano a malapena per essere riconoscibili in una call via Skype e gridano vendetta se paragonati all’audio che riescono a catturare durante la medesima videoconferenza gli ottimi microfoni. Forse Apple sta attendendo che le camere Face ID raggiungano un livello di miniaturizzazione tale da poter essere integrate nel sottile pannello di questo laptop. Ma per ora su questo aspetto proprio non ci siamo.
Le connessioni USB Type C nel 2019 ormai non sono più il problema che rappresentavano all’epoca della loro introduzione “forzata” (in pieno stile Apple, come dicevamo nell’introduzione). Eppure per facilitare la vita all’utente PRO cui questo prodotto è rivolto, un lettorino di schede SD potevano in qualche modo reintrodurlo.
Per quanto possa essere secondario, ci è dispiaciuto non poter godere del refresh a 120Hz: la tecnologia c’è, ma probabilmente Apple preferisce riservarsi qualche carta da giocare nei prossimi upgrade, oltre agli scontati speed-bump su CPU e RAM.
Segnaliamo inoltre un fastidiosissimo bug, probabilmente dovuto a Catalina ma che con il precedente 15″ non si presentava. Se viene attivata la crittografia FileVault e riavviate il Mac mentre è collegato ad un display esterno, potreste trovarvi nella situazione della foto qui sotto.
La tastiera resta illuminata ma entrambi gli schermi, interno ed esterno, rimangono spenti, lasciandoci in attesa di qualche segnale di vita. Il problema risiede nel fatto che a causa di FileVault il Mac richiede la password prima della partenza del sistema operativo e il bug in questione non illumina nessuno dei due display dopo il riavvio. Basta semplicemente digitare “alla cieca” la propria password perchè dopo qualche secondo compaia la consueta barra di avanzamento nel caricamento di Catalina.
Conclusioni
Come spesso accade in casa Apple, la seconda generazione rappresenta “quello che avrebbe dovuto essere il prodotto fin dall’inizio“. È successo con Apple Watch o lo stesso iPhone. Corregge quasi tutti i difetti lamentati dagli utenti, e garantisce un’esperienza d’uso davvero fluida e di alto livello. Che sia un MacBook pensato e concepito per i content creator è quindi abbastanza evidente dalle sue caratteristiche.
E’ un portatile che fa sentire davvero completi anche in piena mobilità. Sopratutto se siete già immersi nell’efficiente ecosistema Apple.
Può apparire costoso, ma la longevità è assicurata non solo dall’ottimizzazione dei componenti hardware, ma anche dal supporto che Apple ha da sempre garantito ai suoi prodotti per quanto riguarda le future versioni del sistema operativo. In buona sostanza, è un investimento che si ripaga col tempo: sia quello risparmiato (grazie all’affidabilità di MacOS) sia quello guadagnato (in termini funzionamento negli anni a venire).
Conviene passare al 16 se già si possiede il 15? Si, ma solo se siete effettivamente dei creatori di contenuti che beneficerebbero di display maggiorato, migliore autonomia e sistema audio di alto livello per il “getting things done” in mobilità.
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