Dopo la militanza su console, con relativa incetta di riconoscimenti, e l’entusiasmante porting per PC, con accoglienza altrettanto festosa, il titolo dei PlayDead Games approda sui lidi della Mela per un successo che sembra già scritto.
La descrizione del gioco sul Mac App Store italiano è minimale come scopriremo essere, nella sua piu’ genuina essenza, nella sua anima, nella sua struttura, Limbo: “Un ragazzo, incerto sul destino della propria sorella, accede al LIMBO.”
A distanza di quasi due anni dall’esordio su XBox360, di 5 mesi dallo sbarco su Playstation 3 e 4 dall’arrivo su PC-Windows, finalmente anche gli utenti Macintosh possono godersi il piccolo ed inquietante platform a scorrimento laterale, infarcito di puzzle ed enigmi da risolvere, che gli sviluppatori della PlayDead Games hanno affrescato avvalendosi unicamente di una grafica bicolore, tratteggiata da sfumature cromatiche che, richiamano, guardacaso, proprio ai concetti di incertezza, sospensione, bilico caratterizzanti il limbo.
Il nostro obiettivo è ritrovare la sorellina smarrita all’interno di un mondo bizzarro ed oscuro, ricco di trappole e minacce pronte e farci passare definitivamente a miglior vita in qualsiasi istante e difatti è proprio questo l’elemento caratterizzante l’intero gameplay, il senso costante di angoscia e timore che si ha allo scrolling di ogni quadro non sapendo cosa ci sia ad attenderci ma soprattutto come superarlo nel piu’ folgorante degli attimi. Se a questo “quadretto” aggiungiamo la totale assenza di indicazioni sul come procedere, di un continuum narrativo sovente raccontato nelle scene di intermezzo o momenti di riflessione introspettiva con cui fare mente locale su cosa si stia facendo appare chiaro come, lanciato il gioco, si scelga di farsi traghettare in un vero e proprio incubo, non per tutti i cuori e, forse, non per tutte le età.
Il sistema di controllo implementato per guidare il nostro nella sua avventura è immediato e senza troppi fronzoli, come se gli sviluppatori avessero voluto evitare di distogliere l’attenzione della scena nel tentativo di eseguire questa o quella specifica azione: a fronte di ciò infatti, ci sono solo due pulsanti azione (salto, interazione con l’ambiente) oltre a quelli direzionali ma essendo un titolo nato per console, è chiaro come il massimo della “user experience” si raggiunga utilizzando un joypad.
Solo pregi quindi? Domanda retorica dalla risposta scontata: non proprio. Consultando varie recensioni nelle differenti incarnazioni del gioco, le critiche mosse sono state portate alla facilità con cui si può morire (almeno una volta per ogni quadro), alla ripetitività che serpeggia verso gli ultimi quadri privi di colpi di scena e alla brevità dell’avventura, aspetto quest’ultimo opinabile poiché allungare la brodaglia non sempre sortisce gli effetti voluti ma quando questa nota è addotta da piu’ voci forse obiettivamente gli sviluppatori avrebbero potuto fare qualcosa di piu’.
Gli aspetti positivi surclassano nettamente queste postille, per cui, senza titubare ulteriormente rimandiamo al Mac App Store dove per 7,99 ci attende un’esperienza di cui non possiamo privarci (e considerando il periodo potrebbe essere un buon regalo)!