Mac Pro: semplicemente perfetto

E alla fine il gioiello, il simbolo dell’innovazione Apple che continua senza se e senza ma è arrivato, in tutto il suo splendore. I detrattori lo hanno già battezzato “il cestino”, il frutto proibito dal costo esorbitante considerato oltretutto che “un PC fa le stesse cose a meno della metà del prezzo”.

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Circa il soprannome dico che mi piace: vuol dire che Ive ha fatto centro di nuovo realizzando un prodotto che fa parlare di sé senza ostentare tutta la potenza che racchiude.

Circa il resto basta attendere un paio di giorni i benchmark ufficiali, già in corso in America, dove sono stati consegnati i primi modelli alle testate più blasonate per recensioni e test sul campo; sarebbe bello avere delle polaroid di questi critici a prescindere per misurare l’angolo della mandibola aperta per lo stupore.

Non voglio dilungarmi su specifiche e descrizioni: come detto a breve avremo pieni siti e blog con dati e recensioni, ma lasciarvi alcune riflessioni, che questo nuovo Mac Pro porta con sé.

iOS è il cuore pulsante del business di Cupertino, è innegabile, ma il Mac Pro con la sua semplice perfezione ricorda che Apple non abbandona i professionisti e il mercato enterprise sacrificandolo sull’altare del mondo consumer. Era però necessario un nuovo inizio, un taglio più leggero che introducesse il concetto di portabilità in un mondo fatto di server grossi e pesanti, solidi ma inamovibili.

Mac Pro rivoluziona il concetto della potente workstation di calcolo: non più un unico case che contiene tutto quanto serve al suo interno, ma un centro di controllo e di comando veloce, efficiente, che integra le migliori tecnologie (SSD e memorie superveloci, processori all’avanguardia, sistemi di raffreddamento mai visti) ed esternalizza quanto più possibile il resto grazie all’avvento di protocolli di scambio dati che annullano le differenze prestazionali con i bus interni (Thunderbolt 2, USB3) e permettono di collegare un’infinità di periferiche in base alle esigenze (storage, monitor, sistemi audio/video avanzati). Il server non va più nascosto e incastrato negli spazi, ma esibito, reso accessibile, adattabile e trasportabile grazie alle sue ridotte dimensioni.

La seconda riflessione è dettata dalla scelta di Apple di assemblare interamente il Mac Pro in casa, negli USA, in un momento di crisi in cui converrebbe forse esternalizzare al massimo la produzione per mantenere bassi i costi. Forse è solo una delle molte mosse di marketing creativo che a Cupertino sanno orchestrare, ma io ci leggo anche la volontà di completare la sua immagine di azienda che progetta, produce, vende in completa autonomia i propri prodotti, perfezionando un concetto a noi molto caro e che ci ha reso famosi nel mondo: il made in USA. Nuovi datacenter, nuovo campus, nuovi processori, e ora Mac Pro prodotto in casa con nuove tecnologie, robotica innovativa e processi produttivi studiati ad-hoc per esaltare l’orgoglio di essere Apple.

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