E’ un compleanno amaro quello che oggi festeggia il Mac, ma è in nome di Steve Jobs e delle sue creature che bisogna fare gli auguri ad un pezzo di storia dell’informatica e non solo.
Parlare di anni nel mondo informatico è al limite del blasfemo, un settore in cui il tempismo è tutto, i giorni, le settimane determinano i cicli di vita di un prodotto, la nascita o la morte di un sogno, le speranza e le aspettative di visionari o compagnie disposte a mettere in gioco tutto per affermarsi sul mercato ed evitare che standard e tendenze ne sanciscano il destino.
Oggi, 24 gennaio 2012, si festeggiano i 28 anni dalla nascita del primo Macintosh, un compleanno a cui questa volta non potrà presenziare Steve Jobs, il demiurgo, il papà del Mac e della filosofia del “Think Different”, il genio-visionario che ha cambiato il modo di vivere la tecnologia in virtu’ di quell’ideale di bellezza e semplicità alla base di ogni una creazione. Jobs non solo è riuscito a portare la sua Apple ai vertici delle compagnie di hi-tech, con un PIL (il valore di capitalizzazione sul mercato) da 400 miliardi, cose da far invidia all’economia di intere nazioni, non solo ha creato alcuni fra i prodotti piu’ rivoluzionari dell’entertainment (iPod, iPhone, iPad), non solo ha allestito un’offerta di sistemi notebook, desktop e workstation fiore all’occhiello degli studi di grafica e design (ma non solo naturalmente…), dove Steve Jobs ha fatto breccia, in modo dirompente, è nella vita di ognuno di noi, nella società, nell’approccio con cui ci si avvicina ai problemi e con i quali li si risolve, perché il mondo è già di per sé complicato e complesso e la tecnologia dovrebbe semplificarlo, agevolarci nei rapporti con gli altri, a prescindere o meno che si tratti di ambiti lavorativi.
La tecnologia deve essere al nostro servizio senza rinunciare a quei principi come la bellezza, l’estetica che pur essendo secondari, hanno il loro peso e per un perfezionista come Jobs, non potevano di certo essere lasciati al caso.
Se è vero che tutto scorre, tutto diviene, che alla base di ogni cosa c’è il continuo divenire, il panta rei di Eraclidea memoria, è anche vero che la nostra memoria non può e non deve essere a breve termine, perché la storia è maestra di vita ed ignorare quanto passato non permette di comprendere ciò che stiamo vivendo né tantomeno fornisce gli strumenti necessari per guardare al futuro, là dove Jobs era sempre proiettato e là dove con ogni suo nuovo gadget ci traghettava.