Il Wall Street Journal, in seguito alla denuncia da parte del Dipartimento di Giustizia rivolta ad Apple e diversi editori statunitensi di collusione sui prezzi degli eBooks, ha contattato Eddy Cue ricevendo interessanti considerazioni sulle accuse e sul pensiero della compagnia in merito all’agency model.
L. Gordon Crovitz del Wall Street Journal ha avuto la possibilità di parlare con Eddy Cue, dirigente dell’azienda californiana, ricevendo alcune dichiarazioni in merito alle accuse del Dipartimento di Giustizia statunitense e sull’agency model adottato dalla compagnia per definire gli accordi con editori e sulla possibilità che questo venga cambiato in futuro. Stando a quanto affermato da Cue pare che l’unica intenzione della compagnia sia quello di trattare il libri e riviste proprio come accade con le applicazioni, non applicando differenze quindi tra editori e sviluppatori di app: “Non credo che tu capisca. Non possiamo trattare giornali o riviste differentemente da come trattiamo FarmVille” sono state le parole di Eddy Cue. In sintesi, quindi, questo esempio è servito a chiarire la situazione sul business model di Apple nel chiedere il 30% delle entrate ottenute mediante il servizio di iTunes rifiutando quindi una qualche distinzione tra giochi, come il sopracitato FarmVille, e qualsiasi giornale.
Queste argomentazioni sulla filosofia di Cue dovrebbero presumibilmente riflettere la linea difensiva che Apple adotterà anche in tribunale per opporsi alle accuse del Dipartimento di Giustizia in merito agli accordi con 5 editori sulla creazione di un cartello per quanto riguarda i prezzi degli eBooks offerti attraverso l’iBookstore. Eddy Cue definisce il modello sulla richiesta del 30% delle entrate una pratica standard dell’azienda e non il risultato della suddetta collusione: “Proprio come abbiamo permesso agli sviluppatori di impostare i prezzi su App Store, gli editori decidono i prezzi sull’iBookstore” sono state le dichiarazioni di Apple in risposta alla denuncia del Dipartimento di Giustizia.
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