“Haunted Empire, Apple After Steve Jobs” è il nuovo libro di Youkari Iwatani, nel quale si parla molto di Tim Cook. Oggi possiamo leggere qualche pagina in anteprima.
Tim Cook ha una personalità difficile da decifrare, a tratti affascinante, ma spesso indecifrabile e fredda. Gli stessi dipendenti che lavorano con lui ogni giorno non sono ancora riusciti a capire a fondo il carattere dell’attuale CEO di Apple. Tutti i segreti saranno svelati nel libro della scrittrice Iwatani, che uscirà in Italia a fine marzo e che oggi ci viene mostrato in anteprima grazie alla pagine del Wall Street Journal.
Cook è entrato in Apple nel 1998 e fin da subito ha fatto capire qual era il suo obiettivo: puntare in alto. Era lui a chiedere ai suoi dipendenti diretti di lavorare se come stessero in un’azienda da 20 miliardi di dollari, malgrado a quei tempi Apple ne valeva poco più di 6. E poi i suoi obiettivi erano molto concreti: cercare il profitto, garantire la puntualità delle consegne e trovare il miglior prezzo per i migliori componenti.
Il suo primo grande lavoro fu quello di ottimizzare le scorte di magazzino, visto che nel ’98 Apple perdeva milioni di dollari per gestire prodotti accumulati e che mai sarebbero stati venduti. Fu lui stesso a nominarsi “Attila, l’Uno dei magazzini”.
Da altri estratti del libro scopriamo che Cook gestisce le riunioni in modo molto ordinato, convocandole sempre la mattina, dopo le sue abitudini quotidiane: sveglia alle 4 e un’ora di palestra. Nei meeting, è lui stesso a passare in rassegna i vari punti e a trovare le soluzioni ai vari problemi, tanto che alcune volte la durata supera le 6-7 ore. Malgrado il suo aspetto mite, queste riunioni possono avere risvolti anche terrificanti per i dipendenti, visto che Cook ha spesso un atteggiamento non iroso, ma fin troppo calmo e senza giri di parole. Un esempio? Chiede direttamente ad un dipendente di mostragli i numeri di un particolare prodotto da un foglio elettronico, il tutto mentre beve Mountain Dew, prendendo spesso di mira il malcapitato, martellandolo di domande fin quando non è soddisfatto dalle risposte. Tanto che può arrivare a chiedere la stessa cosa anche per 10 volte di seguito.
Mentre Jobs se ne usciva con scatti di ira inimmaginabili, lui mantiene sempre la calma e, invece di urlare, dimostra il suo disappunto con lunghi silenzi. In pieno stile “zen”, Cook conosce il potere del silenzio. Altro esempio? Durante una riunione, un dipendente non sapeva rispondere alle domande di Tim Cook, allora lui iniziò a fissarlo in completo silenzio per diversi minuti. In sala la tensione cresceva, perchè nessuno osava parlare. Ad un certo punto, Cook prese una barretta energetica (suo cibo preferito insieme al riso con pollo) e iniziò a mangiarla: nella sala, il solo rumore della carta rese ancora più agghiacciante quel silenzio.
Tim Cook ha anche uno stile molto modesto, malgrado guadagni milioni di dollari all’anno. Ha vissuto per tanti anni in affitto, in un appartamento modesto, per poi acquistare casa in un locale da 230 metri quadrati e un solo posto auto. Nulla rispetto alle ville stratosferiche dei suoi colleghi. La sua prima auto è stata un Porsche Boxter usata, da molti definita la “Porsche dei poveri”, e le sue vacanze sono quelle di un americano medio. Nel tempo libero ama infatti andare in montagna a fare escursioni e difficilmente viaggia all’estero.
Cook è anche un uomo molto generoso, visto che aiuta diverse associazioni benefiche, è solito andare nella mensa dei poveri per dare una mano il giorno del Ringraziamento e partecipa a diversi eventi sportivi per raccogliere fondi.
Da quando è diventato CEO in Apple, inoltre, l’azienda è molto più aperta rispetto a quando c’era Steve Job, in quanto Cook comunica molto con i dipendenti anche via email e nelle riunioni, mentre Jobs era solito parlare solo con i dirigenti di alto rango.
Insomma, un uomo dalle mille sfaccettature, tanto che l’autrice del libro lo descrive così: “Per alcuni, Tim Cook è una macchina, per altri è un personaggio affascinante”.