Primi test su Google Music Beta: il giudizio è negativo

E’ quanto riferisce il giornalista americano Matthew Lynley, che ha avuto modo di testare il nuovo servizio “cloud” di Google. Ecco in particolare le ragioni dell’esito negativo.

Google Music Beta permette di accedere alla propria libreria musicale ovunque ci si trovi, e quindi di eseguirla in streaming dal computer o dallo smartphone.

Ma pare non essere così facile e intuitivo, stando al giudizio di chi lo ha testato.

Sono servite diverse ore per cominciare a capire come muoversi nel sistema di gestione del software sviluppato da Google. In questa forma così complessa e per nulla “friendly”, il sistema nel suo insieme viene definito confusionale, senza la necessaria assistenza e addirittura frustrante: insomma ben altro da quanto ci si sarebbe aspettati da Google.

Si parte con il Music Manager, programma essenziale per caricare la musica, e che deve essere scaricato appena ricevuto l’invito ad iscriversi a Google Music. L’uso è semplice (anche se lento), e permette di caricare musica direttamente dalla libreria di iTunes o da una cartella specifica. Non è possibile il copia e incolla, funzione presente invece in Dropbox, con il quale oltretutto si può già ascoltare della musica memorizzata in remoto.

Una volta terminato l’upload dei file musicali sui server di Google, ci si aspetta di potervi accedere comodamente, soprattutto da apparecchi mobili con Android. A quanto pare il tentativo di utilizzare app recenti su un telefono Android non è andato a buon fine. Si è quindi dovuto procedere al trasferimento dei file musicali da remoto verso lo smartphone, prima di poterli ascoltare. Ma il processo di trasferimento non ha funzionato, riferisce Matthew Lynley.

Visto il fallimento di testare il servizio su uno smartphone, il test è continuato su un tablet e su un computer. Lo streaming avviene a una velocità massima di 320 kilobyte al secondo, appena sufficiente per file di ottima qualità.

Insomma un servizio del tutto simile al già operativo (da tempo) Grooveshark, che oltretutto è più facile da usare. Con una differenza però: Google mette in cache la musica ascoltata recentemente, album intero o playlist che sia. Questo dovrebbe così supplire l’assenza di connessione dati e permettere l’ascolto di una parte della nostra libreria. Groovenshark è inoltre disponibile in versione mobile su diverse piattaforme (Apple ha rimosso invece l’applicativo un paio di settimane doppo l’uscita, adducendo questioni legate al copyright con etichette discografiche).

 

Google mantiene il servizio di musica in streaming nel perfetto rispetto della legge sul copyright, e questo impedisce ad esempio di poter scaricare nuovamente una canzone regolarmente acquistata e magari cancellata involontariamente dal server.

Apple consente, tacitamente e per il momento, a Google di “pescare” direttamente dalla libreria di iTunes. Non si sa se questa “manovra” sarà possibile anche in futuro, e questo lascia perplessi gli utenti in funzione di uno uso diffuso del servizio Google Music. Di sicuro Apple ha sempre aggiornato iTunes per non lasciare che altri apparecchi usufruissero dei suoi servizi, come il caso del Palm Pre.
Apple è stata inoltre interpellata in merito, ma non è stata rilasciata alcuna nota o commento. In pratica è quasi sicuro che non sarà possibile per il servizio di Google accedere in futuro alla libreria di iTunes. Un aggiornamento in tal proposito potrebbe arrivare ben presto.

Apple di sicuro sfrutterà, nel prossimo rilascio ufficiale del servizio iCloud, tutti questi punti deboli della versione Beta di Google Music. E non sarà la sola a farlo.

Va detto però che questa versione di Google Music è Beta (quindi non definitiva): di sicuro gli sviluppi futuri terranno conto dei difetti riportati dagli utenti, e soprattutto delle versioni concorrenti che stanno per uscire.

Non ci rimane davvero che testare direttamente il servizio di Google, appena lo renderanno disponibile al di fuori degli Stati Uniti. Il servizio è offerto per ora gratuitamente, ma in futuro potrebbe essere a pagamento, almeno nelle funzioni più estese. Anche in questo Google sta aspettando le mosse degli avversari.

 

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